martedì 12 aprile 2011

Il cancro “neonato”: a Milano la “scatola magica” per vederlo e battere sul tempo il tumore.

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di Riccardo Galli

MILANO – “Se preso in tempo lo si può curare…”. Una frase, quasi un mantra, che si può sentire in più o meno tutte le conversazioni che abbiano come oggetto il cancro. Ci vorrebbe però una magia, la classica palla di vetro, per prenderlo in tempo. E’ infatti proprio questa, il tempo, la chiave per sconfiggere il “grande killer”, il tumore. Ma la macchina in questione, “la scatola magica” come viene definita, esiste. Ed è anche già stata usata. L’hanno inventata allo Ieo di Milano, l’istituto fondato da Umberto Veronesi.
Curare il cancro è difficile se non impossibile, ma batterlo sul tempo si può fare. Su questo scommette e su questo lavora Veronesi insieme allo staff dell’Istituto Europeo di Oncologia: mettere a punto una macchina e una serie di esami che permettano di “vedere” il cancro neonato in modo da poterlo sconfiggere. Il più è stato fatto, si tratta ora di perfezionare la “scatola magica” e renderla meno costosa. Ma la strada è tracciata.
“In oncologia la diagnostica è la carta vincente”, spiega Veronesi, che ha fatto di questa certezza la regola prima del suo Ieo ( Istituto Europeo di Oncologia, tra i centri più attrezzati per la cura del cancro al mondo). Recentemente sono stati pubblicati risultati sull’efficacia di uno screening su pazienti a rischio di tumore al polmone utilizzando la Tac a basso dosaggio radioattivo. I risultati hanno indicato che il 72% dei tumori diagnosticati ai pazienti sottoposti a screening era al primo stadio, mentre chi ricorreva allo specialista dopo aver accusato i sintomi, aveva solo il 16% di chance individuare al malattia al medesimo livello. Si tratta di risultati importanti, tenendo conto che i pazienti con tumore al primo stadio, dopo cinque anni di cura, hanno l’89% di possibilità di sopravvivere.
Forti di questi dati e della certezza che per battere il cancro bisogna puntare sulla diagnostica, i ricercatori dello Ieo si sono messi al lavoro su un progetto che permettesse di scovare non solo il cancro al polmone, ma anche tutti gli altri. E per farlo sono partiti dalle tecniche e dalle tecnologie già esistenti, e non puntando su una nuova fantascientifica macchina ancora da inventare. Oggi la Tac è tra gli strumenti più usati per la diagnostica del cancro, ha però dei limiti, come le radiazioni che non permettono di utilizzarla per uno screening completo del corpo umano. Va bene per pazienti a rischio e per lavorare su organi specifici. Non ha di questi problemi la risonanza magnetica, che discrimina i tessuti del corpo e genera immagini biomediche senza sottoporre il paziente a rischio di radiazioni, ma anche questa tecnica ha uno svantaggio se si pensa in termini di screening totale del corpo umano: il tempo necessario per i risultati degli esami è tanto. Troppo. E se le radiazioni della tac rendono questo strumento inutilizzabile per uno screening su larga scala, bisognava allora puntare sulla riduzione dei tempi necessari per la risonanza magnetica e, in questo senso, sono stati fatti passi in avanti con il “TimCT Oncology” della Siemens, sistema di risonanza magnetica che acquisisce immagini in tempi brevi. Ma la velocità d’acquisizione non è tutto. Un’immagine può non essere perfetta, ci possono essere anomali nei tessuti anche di origine non tumorale, come fare a riconoscere i veri tumori neonati? Il team di Veronesi ha risposto a questo questito ricorrendo alla Dwi (Diffusion-weighted imaging), una tecnica che permette di analizzare la diffusione dei liquidi nel corpo umano. Inizialmente, la Dwi, era stata pensata per localizzare le aree danneggiate dopo un ictus, oggi è adottata anche in ambito oncologico. Allo Ieo, la risonanza con TimCT Oncology affiancata alla Dwi ha permesso di svolgere screening sul corpo umano senza rischio di radiazioni e in tempi relativamente brevi. L’incrocio delle due tecniche, e l’impiego delle nuove macchine, ha consentito di mettere a punto una procedura per scovare i tumori appena nati.
La procedura sviluppata allo Ieo – e che secondo Giuseppe Petralia, responsabile della risonanza, è pronta per essere testata in studi di grandi dimensioni – permette di individuare le formazioni tumorali in tutto il corpo, senza radiazioni dannose per l’organismo, grazie a un particolare utilizzo della risonanza magnetica. E’ il primo passo verso una “magic box” anti-cancro che integri diverse tecnologie per una diagnosi non invasiva. Un primo passo che già è stato provato su alcuni pazienti e che ha dato ottimi risultati. Il procedimento, spiegato in parole povere, anzi poverissime, è quello di fotografare il corpo dei pazienti con la risonanza “veloce”, corpo tutto intero e non solo un organo specifico. Analizzarlo poi con la tecnica Dwi, cioè studiare i fluidi che si muovono nel nostro corpo e che possono segnalare anche il tumore più piccolo, e poi intervenire. Intervenire in modi e forme diverse a seconda dei casi, farmacologicamente, chirurgicamente, con laser o ultrasuoni, ma intervenire con un immenso vantaggio di tempo che nella lotta contro il cancro è sinonimo di maggiori possibilità di successo.
Questo nuovo screening, oggi, allo Ieo, necessita di 45 minuti di tempo. Sembra poco ma non lo è. Se gli studi su larga scala confermeranno la validità di questo tipo di analisi, bisognerà sveltirla ed economicizzarla ulteriormente. Ad oggi il costo di questo esame si aggira sui 1500 euro. Il dato economico e temporale lo rendono ottimo per i pazienti a rischio, ma difficilmente utilizzabile per uno screening continuo di tutta la popolazione. Limiti certo, ma la scatola magica esiste e, per usare le parole di Veronesi: “eliminare il cancro non si può, si può però renderlo inoffensivo”.

(fonte: Blitz)

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